Classifiche, modelli e trasformazione: verso una nuova cultura della Qualità della Vita
di Domenico Esposito
Presidente, Accademia Italiana Qualità della Vita
Ogni anno, in Italia e all’estero, veniamo informati delle nuove “graduatorie” della Qualità della Vita: territori che migliorano, altri che peggiorano, indicatori che salgono, altri che calano. Le province, le città, le regioni sono classificate, suddivise, confrontate. È uno sforzo necessario, utile, forse inevitabile. Ma è davvero sufficiente? E cosa si rischia quando la qualità della vita viene trattata solo come un punteggio da ottenere o un ranking da scalare?
Le classifiche servono: ci danno una fotografia, ci costringono a guardare – ad esempio – a quanto contano la salute, l’istruzione, l’ambiente, il reddito, la mobilità urbana. Ma rischiano di fermarsi lì: a una fotografia, appunto, e non diventare un progetto. Rischiano, ancora di più, di valorizzare solo ciò che si misura facilmente, e trascurare ciò che è più rilevante: la capacità delle comunità di resistere, di adattarsi, di rigenerare; la qualità delle relazioni; il senso di appartenenza a un luogo; la coerenza fra valori, istituzioni e ambiente.
In questo senso, il modello prevalente di classifiche – che riflettono i grandi sistemi internazionali (OECD, United Nations Development Programme, ISTAT, ecc.) – incarnano un approccio utile ma parziale: misurano, confrontano, ordinano. Meno frequentemente agiscono; meno frequentemente trasformano.
L’Accademia come laboratorio multidisciplinare
È in questo scenario che l’Accademia Italiana Qualità della Vita assume un ruolo significativo: come segnalato da una recente analisi, «l’Accademia … rappresenta oggi uno dei più avanzati laboratori multidisciplinari dedicati allo studio, all’analisi e alla misurazione della qualità della vita».
Non solo teoria, dunque: connessione con la ricerca, con la prassi, con il territorio. Dalla città simbolo delle contraddizioni come Napoli fino alla dimensione nazionale e internazionale, l’Accademia sviluppa modelli che ambiscono a ridefinire la cultura del benessere, non solo a osservarla.
Nel dettaglio: l’Accademia ha elaborato la formula QDV = (SL×K)/R
dove SL rappresenta gli Stili di Vita, K il fattore di Resilienza/Compensazione, e R i Rischi che minacciano gli equilibri personali, sociali e territoriali.
In tale formula si coglie una differenza fondamentale rispetto ai modelli tradizionali: la qualità della vita non è solo sommatoria di indicatori positivi (salute, lavoro, ambiente), ma è il frutto di un’equazione dinamica che prende in considerazione ciò che si costruisce (stili di vita, resilienza) e ciò che va superato o contenuto (rischi).
Modelli internazionali vs paradigma trasformativo
Modelli internazionali: cosa offrono
I modelli internazionali (BES, HDI, Better Life Index, ecc.) sono fondamentali. Ci permettono di collocare territori e comunità in un contesto comparato, di identificare gap, di orientare politiche pubbliche. Essi funzionano secondo una logica di misurazione e confronto, usando indicatori oggettivi e soggettivi, spesso a scala macro (nazionale, sovranazionale).
Tuttavia, hanno alcune limitazioni:
- Tendono a essere statistici e descrittivi, e meno prescrittivi o progettuali.
- Possono valorizzare ciò che è agilmente misurabile e penalizzare ciò che non lo è (relazioni sociali, coesione, cultura, resilienza).
- Spesso, nelle applicazioni territoriali, non incorporano pienamente la dimensione bio‑psico‑sociale e relazionale della persona, né la componente territoriale specifica (contesto urbano, rurale, comunità locale).
Il paradigma IQDV: cosa propone
La Teoria dell’Ideologia della Qualità della Vita (IQDV) si pone come paradigma trasformativo e multidimensionale. Non rinnega il valore delle misurazioni, ma le integra in un sistema più ampio:
- La persona è al centro, non solo come soggetto individuale, ma come essere relazionale e territoriale.
- Il territorio non è semplice cornice, ma attore e contenuto: lo spazio vitale, le infrastrutture, le relazioni comunitarie, la rete di supporto sociale concorrono alla qualità della vita.
- Si riconosce la resilienza come fattore chiave: la capacità di far fronte, adattarsi, rigenerare. Molte classifiche non la considerano come tale.
- Si considerano i rischi non solo come variabili negative da evitare, ma come elementi da governare, ridurre, trasformare in potenzialità.
- Si propone una visione integrata e operativa: la qualità della vita non è solo da misurare, ma da progettare, coltivare, diffondere.
Implicazioni operative: dal dato all’azione
Questo passaggio — da misurazione a trasformazione — ha conseguenze concrete per amministratori, operatori, comunità civiche e cittadini. Qualche esempio:
- Quando una regione appare in fondo alle classifiche, non basta un piano frammentato di miglioramento di indicatori: serve un piano sistemico che agisca su stili di vita, resilienza comunitaria, riduzione dei rischi strutturali.
- Nelle politiche urbane: non solo più infrastrutture, ma relazioni urbane più sane, partecipazione attiva, rigenerazione culturale.
- Nelle scuole e nei programmi educativi: promuovere non solo conoscenze, ma stili di vita sostenibili, consapevolezza del benessere e della salute, responsabilità territoriale.
- Nei territori in crisi ambientale o economica: riconoscere che il fattore K (resilienza) può essere alto — anche se la classifica è bassa — e va valorizzato, non ignorato.
Verso una nuova cultura
Concludendo, possiamo affermare che le classifiche della qualità della vita hanno uno scopo utile — e senza di esse saremmo più “ciechi”. Ma non basta più collocare il proprio territorio in una graduatoria: oggi occorre sviluppare una cultura della qualità della vita, che metta al centro l’essere umano e il suo contesto vivente, e che operi sulla relazione, sulla resilienza, sulla progettualità.
L’Accademia Italiana Qualità della Vita, con la sua impostazione multidisciplinare, la sua formula QDV = (SL×K)/R e la sua operatività sul territorio, offre un modello interpretabile e trasferibile. Un modello che invita a guardare oltre la classifica: a costruire benessere reale, partecipato e duraturo.
I pro e i contro delle classifiche sulla qualità della vita:
Pro:
- Guida alla Scelta di una Residenza: Le classifiche possono aiutare le persone a prendere decisioni informate sulla scelta di una residenza. Coloro che cercano di stabilirsi in un nuovo luogo possono utilizzare queste classifiche come guida per valutare le condizioni di vita.
- Politiche Pubbliche: I governi possono utilizzare queste classifiche per identificare le aree in cui è necessario migliorare le condizioni di vita e sviluppare politiche mirate per affrontare specifici problemi.
- Confronto Internazionale: Le classifiche consentono il confronto tra paesi o città a livello internazionale, offrendo una prospettiva globale sulla qualità della vita. Ciò può essere utile per individuare tendenze e aree di miglioramento.
- Promozione del Benessere: La consapevolezza della propria posizione in una classifica può motivare le autorità locali e nazionali a impegnarsi per migliorare le condizioni di vita e il benessere dei cittadini.
Contro:
- Semplificazione Eccessiva: Le classifiche spesso semplificano la complessità della qualità della vita, riducendola a un punteggio o a una posizione in classifica. Ciò può non riflettere accuratamente la realtà complessa di una comunità.
- Variabilità Individuale: Le esperienze individuali possono variare ampiamente all’interno di una stessa città o paese. Classificare un’intera area potrebbe non riflettere la varietà di esperienze e prospettive.
- Selezione di Indicatori Soggettivi: Alcuni indicatori utilizzati nelle classifiche sulla qualità della vita sono soggettivi e basati su opinioni personali. Ciò può portare a valutazioni distorte o parziali.
- Esclusione di Fattori Importanti: Alcune classifiche possono trascurare importanti fattori culturali, sociali o ambientali che influenzano la qualità della vita. Ad esempio, possono non considerare adeguatamente la disuguaglianza economica o i problemi ambientali.
- Impatto sull’Immagine: Una bassa posizione in una classifica potrebbe influenzare negativamente l’immagine di un’area, anche se ci sono sforzi significativi per migliorare le condizioni di vita.
In sintesi, mentre le classifiche sulla qualità della vita possono fornire un quadro generale utile, è importante considerarle con attenzione e integrare le valutazioni con approfondite ricerche e valutazioni individuali per ottenere una comprensione completa della situazione.
Classifica sulla qualità della vita 2022
Purtroppo il trende delle classifiche sulla qualità della vita in Italia non cambia. Infatti, ne esce fuori un nord più forte mentre il Mezzogiorno è fanalino di coda per produttività e investimenti. Ovviamente dato che queste classifiche spostano investimenti, ci poniamo il problema se e quanto queste siano pregiudicanti. Infatti, molti studiosi e cittadini napoletani contestano la posizione di Napoli, poiché non tengono conto della tanta bellezza, benessere e stile di vita. Insomma, napoletani e turisti non se la passano poi così tanto male. L’ideologo napoletano Domenico Esposito mette l’accento sul concetto di napoletanità, che considera un vero e proprio patrimonio culturale della città, nonché stile di vita che si può trovare solo a Napoli. A tal proposito consigliamo di leggere Napoli è una delle città con il miglior stile di vita d’Italia e non solo. Il costo della vita basso insieme agli indicatori di benessere citati crea le condizioni di vita favorevoli per il turismo. Anche se a causa della crescita dell’inflazione e della speculazione sui prezzi anche a Napoli il costo della vita sta crescendo, forse anche per il fattore turismo.
Definizione di qualità della vita
I napoletani soffrono di campanilismo
Napoli non è tutta bella nè tutta brutta, ma molti pensano che la nostra città sia la migliore di tutte le altre in assoluto. Ciò diventa un problema quando si sottovalutano le classifiche sulla qualità della vita. Ancor più se a sottovalutarle sono gli amministratori pubblici. Domenico Esposito propone piani di sviluppo territoriali a misura di quartiere e di municipalità. Quindi è importante la territorializzazione, ma bisogna stare attenti a non creare disparità di ripartizione delle risorse.
Lo stile di vita del cittadino napoletano si chiama napoletanità
Napoletanità significa incarnare Napoli. Ossia avere con la città un legame profondo con il naturalismo travolgente che trova la sua massima espressione a Posillipo. Il naturalismo impregnato di patrimonio artistico è il fondamento di uno stile di vita che si respira solo a Napoli. Ciò definisce, a mio avviso, il concetto di napoletanità, che ovviamente ascende e discende dalla cultura radicata nel popolo che la incarna diffusamente, spesso in modo maestoso. Infatti, questo stile di vita è riscontrabile in modo diffuso tra i napoletani di ogni astrazione sociale. Spesso il sole, il mare e le meravigliose bellezze paesaggistiche della città riescono a far dimenticare i cunicoli bui dell’esistenza. Basta una bella giornata di sole e di mare per far dimenticare tutto. Quindi la spensieratezza che si respira in città, nonostante le difficoltà, si riflette nella fisiologia di benessere del napoletano, la quale da origine all’ottimismo tipico della napoletanità.
I servizi che penalizzano la città di Napoli
Purtroppo Napoli ha un potenziale di sviluppo bloccato. Le classifiche sulla qualità della vita che ci mettono agli ultimi posti non ci aiutano. Anche perché gli investitori preferiscono dirottare le loro risorse nei territori dove la qualità della vita è più alta. Ciò dipende dalla qualità della classe dirigente che dovrebbe attrarre investitori, creando favorevoli condizioni d’investimento. Quindi più conoscenza del territorio, più partenariato pubblico-privato, più progettualità, bisogna ridurre rischi per un ipotetico investitore e risolvere le criticità. Ci vuole un piano di crescita per rendere sostenibile il sistema finanziario.
La percezione della qualità della vita a Napoli da municipalità a municipalità
In particolare gli abitanti delle zone periferiche della città non godono delle stesse opportunità e degli stessi servizi di quelli che vivono in altre zone. Tuttavia la QDV risulta oggettivamente bassa perché ognuna di queste municipalità soffre per carenze legate pressoché ad ogni ambito: servizi al cittadino, verde pubblico, manutenzione, pulizia, sicurezza, sostegno alla disabilità e alle famiglie, assistenza agli anziani, politiche giovanili, cultura, istruzione, promozione del territorio (turismo), salute (sanità), sport, sviluppo economico, innovazione (nuove tecnologie; digitalizzazione dei servizi pubblici), infrastrutture (strade e collegamenti), trasporti, mobilità sostenibile, contrasto alla criminalità, contrasto allo sfruttamento e alla violenza sulle donne. Per cui bisognerebbe realizzare maggiori investimenti in ambito agroalimentare, edile, ed in generale relativo allo sviluppo del commercio, della cultura, dell’industria e dei servizi turistici, mirando alla crescita economica e cercando di tenere la spesa pubblica sotto controllo.
Manca la rete di tecnologie informatiche
Purtroppo a Napoli manca ancora una rete di tecnologie informatiche a partire dal GIS, la digitalizzazione della pubblica amministrazione e quella sanitaria. Mancano ancora adeguati criteri per la ripartizione dei fondi nell’ambito della Sanità. Problema quest’ultimo più volte denunciato dal Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.
Leggi l’articolo Tecnologia informatica e privacy per la tutela dei cittadini.
L’attendibilità di una classifica sulla qualità della vita
Le classifiche di qualità di vita possono essere di varia natura e fanno riferimento alle condizioni di vita favorevoli o sfavorevoli di un ambiente urbano. Gli indicatori utilizzati sono scelti in base all’ecosistema da valutare secondo certi parametri più favorevoli al nord che al sud. Si costata facilmente che in queste classifiche non esistono parametri sullo stile di vita adeguati per città come Napoli e tutto il Meridione dell’Italia. Infatti, nella classifica del Sole24ORE non sono prioritari quei parametri che mettano in evidenza lo stile di vita e le opportunità che un visitatori ha frequentando Napoli. Per un ecosistema urbano si possono scegliere indicatori politici, economici e sociali che devono essere messi in relazione ad una serie di dati paesaggistici. La maggior parte delle stime e delle classifiche sulla qualità della vita sono delle approssimazioni della realtà perché basate su indicatori non sempre completi.
La valutazione deve tener conto anche degli equilibri di stabilità, di dati oggettivi e aggiornati
Non trascurabili sono i canoni dell’ideologia della qualità della vita (IQDV) funzionali alla creazione della stabilità appropriata al contesto storico, culturale, paesaggistico, ideale, scientifico, eco sistemico, di sostenibilità e stile di vita. Anche quando i dati sono oggettivi, aggiornati e precisi, inevitabilmente trascurano aspetti realistici del benessere delle persone e del territorio. Tutto può variare in base ai dati istantanei di natura non solo fisica, chimica e fisiologica, ma anche psicologica[1]. Quindi è importante il discorso della soggettività e della creazione di modelli, che possono essere modellizzati ulteriormente sul caso specifico. Pertanto è necessaria la tecnologia che ci permette di intervenire a misura di quartiere, a misura d’uomo o di ambiente di lavoro.
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La produttività di un territorio non ci dice molto sul benessere delle singole persone
Inoltre, su alcuni tipi di indicatori esistono problemi di oggettività, infatti quelli politici e sociali sono meno oggettivi e lineari di quelli economici, naturalmente quantitativi e numerici, anche se alcuni indicatori economici, come il PIL, non è sufficiente a descrivere il benessere concreto delle singole persone.[2] Il tutto è comunque soggetto a valutazioni soggettive dei singoli che hanno libertà di scelta in basa all’idea, pertanto è di fondamentale importanza avere la possibilità di confrontarsi con modelli ideologici più prossimi al benessere non superficiale.
È importante fornire un termine di paragone fondamentale alla costruzione di coscienza attive e non passive, che collaborino e cooperino per il bene comune. Il pensiero unico, dove non esiste confronto, non esiste possibilità di scelta, fa sì che la società si indebolisca.
Indicatori qualitativi e quantitativi
Il discorso sugli indicatori qualitativi e quantitativi non è molto diverso dalle analisi del sangue: i valori puramente quantitativi non daranno sempre chiari indizi sulle cause di un possibile squilibrio, nel qual caso consulteremo il medico che ci dirà se esiste effettivamente motivo di preoccupazione ed eventualmente ci consiglierà di fare ulteriori indagini specialistiche per capire meglio le cause del malessere, e quindi la causa dello squilibrio, col fine di avere una diagnosi corretta e precisa.
L’IQDV è straordinaria in questo processo dinamico di superamento dei vecchi schemi e di adeguamento storico culturale conoscitivo scientifico basato sullo studio di equilibri in relazione. (Per approfondimento Link sull’ideologia della qualità della vita)
Criteri di valutazione dell’ideologia della qualità della vita (in sigla IQDV)
Dati certi e verificabili
Il sistema di valutazione dell’IQDV deve necessariamente basarsi su dati certi e verificabili, altrimenti la valutazione può incorrere a difetti strutturali, che ai fini di una pianificazione accurata potrebbe dare dei problemi in termini di stabilità.
Indicatori dell’IQDV
In prima istanza si raccolgono i dati quantitativi degli indicatori (QdV, Benessere, Sostenibilità, Bene Comune, Competitività, produttività settoriale e così via), poi inizia la fase qualitativa di valutazione dei dati che vanno mediati e messi a confronto con altre relazioni, con lo scopo non solo d’individuare delle criticità, ma anche di mettere in evidenza le potenzialità, col fine di individuare piani di sviluppo e di crescita della QDV e di tutti gli indicatori coinvolti; in questo modo con l’IQDV si definiscono i processi di riforma paesaggistici di qualsiasi territorio.
Il modello di sviluppo tiene conto dei fattori soggettivi
I canoni dell’IQDV rispettano gli equilibri, anche soggettivi, in base alla caratteristica paesaggistica del territorio, del singolo ecosistema, che non sottovaluta i fattori fisici, chimici, biologici, psicologici, antropologici, culturali e così via. Questo modo di procedere ai fini dell’organizzazione sociale è fondamentale, poiché dà maggiore contezza al cittadino e all’ordinamento statale, rendendo tutti più partecipi e responsabili, istaurando una forma di cooperazione costruttiva e partecipativa alla cosa pubblica e alla vita democratica
Domenico Esposito
[1] Per esempio umore, emozioni, sentimenti. Aspetti che tratteremo in modo più approfondito nella parte sulla fisiologia di benessere dell’IQDV.
[2] Cfr. la voce “Qualità della vita” della Enciclopedia Italiana, V Appendice, a cura di R. Cipriani, R. Corso, S. Baglioni, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1994, Enciclopedia Treccani online.






