Spread the love

Un piano regolatore per la sostenibilità globale, considerando il sistema terrestre come un ecosistema organico, rientra nell’abito di ricerca scientifica dell’organicismo geopolitico. Poiché l’essere umano è in grado di apportare a questo sistema enormi trasformazioni, ed ha un impatto ambientale maggiore rispetto ad altre specie, deve responsabilizzarsi per tutelare gli equilibri naturali indispensabili al benessere. Pertanto di definisce piano regolatore per la sostenibilità globale un insieme di piani regolatori territoriali tra loro concatenati e sottoposti all’ideologia della qualità della vita (in sigla IQDV) con lo scopo di creare sviluppo tutelando gli equilibri naturali.

Quindi prima di tutto un piano regolatore multidisciplinare ideologico è di fondamentale importanza

Quando si parla di sostenibilità, (secondo l’IQDV) ovviamente si fa riferimento non solo a quella ambientale. Questo tipo di sostenibilità interseca il benessere e a tutte le dinamiche in relazione al benessere personale e territoriale. Quindi si mira a raggiungere la stabilità dei bilanci, la sostenibilità dei debiti, alla sostenibilità della pace e della cooperazione mondiale e così via. Oltreché del benessere fisiologico mediante stili di vita equilibrati e del benessere degli ecosistemi necessari al benessere di tutti. Ciò richiede azioni concatenate e correlate finalizzate ad uno scopo di tutela e di sviluppo del benessere. Quindi politiche di crescita indirizzate alla stabilità attraverso la realizzazione di un piano regolatore multidisciplinare governato da un indirizzo ideologico. Cosa che non può essere più affidato al liberismo soltanto poiché si è dimostrato incompleto e inaffidabile. Infatti, dopo circa due secoli di applicazione del liberismo, tra i vantaggi e gli svantaggi, oggi è responsabile di una serie di fattori d’instabilità superabili dall’ideologia della qualità della vita.

Non si fanno più piani regolatori urbanistici? Figuriamoci un piano regolatore per la sostenibilità globale attualmente governata dalla globalizzazione liberista

Il dimezzamento dal 22 al 10,5% dei piani regolatori e varianti urbanistiche desta molta preoccupazione. Le motivazioni sono la scarsità di risorse e una lungimirante visione politica che dovrebbe essere il motore di un benessere non superficiale. Non si costruiscono politiche strutturali di continuità tra un governo e l’altro. Pare ci sia la tendenza a non impiegare troppe risorse su qualcosa i cui effetti spesso non saranno visibili durante un singolo mandato amministrativo. Quindi si tende a sottovalutare l’importanza dei piani regolatori, ciò avviene soprattutto nei territori meno sviluppati e dove la qualità della vita è più bassa. Al contrario, nei territori dove c’è maggiore sviluppo è più alto l’interesse a pianificare il territorio. Chiaramente ciò comporta che i territori meno sviluppati diventano meno attraenti per gli investitori e la loro competitività diminuisce progressivamente. Questi territori diventano strutturalmente invivibili, quindi declassati.

I costi sociali prodotti dal liberismo sono insostenibili per una società che ha bisogno di efficienza di spesa funzionale al benessere

Anche perché si lascia libera la scelta, anche a costo di commettere atti illeciti, quindi costruendo case senza le dovute autorizzazioni. Un liberismo deregolamentato, dove tutti possono fare ciò che vogliono e dove esiste tutto e il contrario di tutto in termini di diritti. Questo è ciò che è accaduto nei secoli, in alcuni territori più di altri, dove sono prevalse logiche poco attente al benessere personale e territoriali. Se si lascia il governo dei beni comuni i mano alla sola libertà privata, i rischi aumentano, se il soggetto privato agisce in modo egoistico solo per il suo tornaconto personale. Una volta che il danno è fatto poi bisogna sprecare altre risorse per rimediare. Evidentemente esiste un problema di costo sociale in questa logica liberista deregolamentata insostenibile nel tempo e dalle future generazioni. Ecco che abbiamo bisogno di un’ideologia di riequilibrio.

Tracce di un piano regolatore a Napoli risale al 2004 (Questo link può aiutare il ricercatore interessato ad approfondire certe dinamiche)

Napoli è una città che fatica ad organizzarsi, lo strumento piano regolatore urbano per una città fanalino di coda per vivibilità e qualità della vita dovrebbe essere il pane quotidiano. Sono tanti i benefici dello sviluppo territoriale derivante da un piano regolatore fatto su misura per accrescere la qualità della vita, a maggior ragione se si considerano tutti gli aspetti di sostenibilità trattati da una vera e propria riforma strutturale paesaggistica dell’IQDV. Se ogni Stato mettesse in condizioni ogni territorio di organizzarsi mediante piattaforme informatiche nazionali centralizzate forse il compito diventerebbe più sostenibile. Si potrebbero mettere a disposizione metodi, strategie, enti per meglio pianificare e organizzare il territorio. Perciò un’ideologia che indichi la strada, agevolando le amministrazioni locali, è fondamentale. Permetterebbe la politica di adeguarsi seguendo un riferimento di ordine nazionale. Poi si dovranno creare le condizioni per rafforzare il coordinamento internazionale che permetta di raggiungere gli obiettivi in modo concreto secondo una concezione organicistica della società.

Un piano regolatore per la sostenibilità globale

Le riforme strutturali paesaggistiche dell’ideologia della qualità della vita propongono criteri di costruzione verticalisti, con ampio uso di grattacieli per non sottrarre suolo in modo indiscriminato. Occorre un cambio di tendenza: bisogna rimediare all’errore della speculazione edilizia selvaggia che sottrae suolo benefico e necessario alla tutela degli equilibri naturali. Per tale motivo in alcune aree del mondo bisogna frenare un certo tipo di imprese di costruzione, in altre parti del mondo bisogna abbattere e ricostruire. Deve esserci suolo salubre e libero dall’asfalto e dal cemento tra un centro urbano e l’altro, tra un ecosistema urbano e l’altro. Devono esserci zone di suolo affinché la natura possa rinnovare il suo essenziale ciclo biologico, ricostituendosi e rigenerandosi. I nobili intenti di salvaguardia degli equilibri naturali di questo processo funzionale al benessere dell’umanità vanno promossi a livello globale con la nuova geopolitica mondiale dell’ideologia della qualità della vita.

Tutela del suolo e degli ecosistemi naturali indispensabili al benessere

Piano di tutela del suolo

Il benessere dell’ecosistema uomo dipende da altri ecosistemi naturali, le cui fondamenta sono nella tutela del suolo fonte essenziale di vita per tutti gli ecosistemi naturali. La mancata tutela del suolo è ormai l’obiettivo numero uno, poiché proprio da questo dipendono molti fattori di rischio per il benessere. Il suolo è certamente uno dei beni più preziosi. Il suolo è una risorsa limitata e facilmente intaccabile dall’attività entropica umana. Una volta distrutto può impiegare secoli per ricostituirsi. L’edilizia selvaggia che ricopre con asfalto e cemento il suolo distrugge un ecosistema indispensabile, creando una pellicola che sopprime il collegamento fra la biosfera del suolo con la biosfera atmosferica, interrompendo il ciclo biologico.

Il progresso è veramente tale quando tiene conto delle conseguenze che determina sugli equilibri naturali indispensabili alla vita sulla Terra. Dio ci ha dato la ragione oltre ad una giusta aspirazione ad una vita migliore: tutto sta nell’utilizzare le conoscenze acquisite nel modo più adatto a tutelare gli equilibri naturali. Esiste uno sviluppo sostenibile a cui dobbiamo mirare. Possiamo costruire centri urbani funzionali al benessere umano e al tempo stesso permettere alla terra di respirare e di svolgere le sue fondamentali attività, tra le quali il contenimento dell’eccessiva produzione di anidride carbonica, corresponsabile del riscaldamento globale.

Conclusione

Siamo all’inizio di un percorso (la proverbiale “punta dell’iceberg”) che aprirà le porte di una nuova era fatta di pace e progresso sostenibile. L’INU ha aperto un dibattito per coinvolgere altri importanti centri di ricerca che stilano analisi e statistiche sullo sviluppo territoriale (Istat, Legambiente, Svimez, Ifel, Confindustria) con cui si potrebbe sviluppare l’idea di una nuova governance, più centralizzata, focalizzata sul supporto ai territori, con direttive e indicazioni precise sull’aggiornamento dei piani di sviluppo.

RIPRODUZIONE VIETATA