La lezione di San Francesco all’Occidente sta nella fratellanza tra uomo e natura e non del dominio dell’uomo su di essa. Una grande lezione che connette una serie di azioni concrete funzionali al vero benessere dell’uomo, nel rispetto degli ecosistemi naturali necessari al benessere di tutti. L’ideologia della qualità della vita studia le dinamiche di tutela e sviluppo degli ecosistemi necessari al benessere dell’uomo. Quindi condividiamo questo approccio fraterno e spirituale di non trascurabile importanza. Analizziamo riscoprendo le radici di questa fratellanza riscoprendo uno dei maggiori esponenti del pensiero ecologico cristiano Francesco d’Assisi. (Laudato sì, l’Enciclica di Papa Francesco)
La cura del Creato secondo San Francesco d’Assisi
San Francesco d’Assisi, il santo patrono dell’ecologia, offre una prospettiva unica e profonda sulla cura del creato, radicata nella sua spiritualità e nella sua vita. La sua visione del mondo naturale, così ricca di amore e rispetto per tutte le creature, ci invita a considerare la Terra come un dono prezioso da custodire e proteggere. Attraverso il suo esempio e i suoi scritti, San Francesco ha influenzato profondamente il pensiero ecologico cristiano, specialmente in un tempo in cui la crisi ambientale è una delle maggiori sfide globali. Dove guerre, disorganizzazione, liberismo selvaggio distruggono equilibri naturali e la produttività dei territori, danneggiando in modo permanente la qualità della vita, intesa dall’ideologo Domenico Esposito la seconda verità assoluta dopo la vita.
La lezione di San Francesco all’Occidente: una visione integrale della natura
Uno dei testi più noti di San Francesco è il Cantico delle Creature (o Cantico di Frate Sole), una preghiera poetica che celebra la bellezza e la sacralità della creazione. In questo inno, Francesco si rivolge a elementi della natura come “fratello Sole”, “sorella Luna”, “fratello Vento”, “sorella Acqua” e persino “sorella Morte”, dimostrando un profondo senso di fraternità e interconnessione con tutte le creature.
Questa visione di fratellanza universale evidenzia come San Francesco non vedesse l’uomo al di sopra della natura, ma come parte di essa. La Terra non è un oggetto da sfruttare, ma una sorella da amare e rispettare. Questo atteggiamento contrasta con l’idea moderna di dominio dell’uomo sulla natura e ci spinge a ripensare il nostro rapporto con l’ambiente in termini di cura, reciprocità e gratitudine.
La lezione di San Francesco all’Occidente: vivere con sobrietà
San Francesco scelse uno stile di vita di estrema povertà, rifiutando i beni materiali e scegliendo una vita semplice, a stretto contatto con la natura. Questa povertà volontaria non era solo un atto di rinuncia, ma un modo per vivere in armonia con il creato, riconoscendo che tutto appartiene a Dio e che noi siamo solo custodi temporanei delle risorse che ci sono state affidate.
In un mondo consumista e fortemente industrializzato, l’esempio di San Francesco è un potente richiamo alla sobrietà e al rispetto per i limiti naturali. L’invito a “non possedere nulla” si traduce oggi in una vita più sostenibile, in cui si evita lo spreco, si riduce il consumo di risorse e si adotta uno stile di vita che minimizzi l’impatto ambientale. La cura del creato, quindi, passa anche attraverso scelte concrete di rispetto per l’ambiente, come ridurre il consumo di energia, acqua e materie prime, e favorire l’uso di fonti rinnovabili.
La cura del creato come atto di Amore
Per San Francesco, la cura del creato era un atto di amore, sia verso Dio che verso il prossimo. La sua capacità di vedere la presenza divina in ogni cosa lo portava a un rispetto profondo per ogni forma di vita, dalle più grandi alle più piccole. Non faceva differenza tra uomini, animali, piante o elementi naturali: tutto era parte del disegno di Dio e meritava amore e protezione.
Questa visione spirituale della natura ispira anche la moderna teologia ecologica, che vede la salvaguardia del creato come un dovere morale. Prendersi cura della Terra significa prendersi cura delle generazioni future, dei poveri e degli emarginati, che sono spesso i primi a subire le conseguenze del degrado ambientale. La crisi climatica e la distruzione degli ecosistemi colpiscono in modo sproporzionato le comunità più vulnerabili, rendendo la giustizia sociale e ambientale inseparabili.
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