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Ho promesso all’attore Patrizio Rispo che gli avrei dedicato uno scritto su “Un posto al sole”. La soap opera ambientata a Napoli, interamente prodotta in Italia, la più seguita e famosa di sempre. Inoltre, è la più longeva, con 29 stagioni e 6544 puntate al 10 ottobre 2024. “Un posto al sole” è una soap di genere drammatico, anche se viene definita una “soap sociale” dagli attori e autori. Si tratta di un format originale ideato da Wayne Doyle con la collaborazione di Adam Bowen, Gino Ventriglia e Michele Zatta. Prodotta da Rai Fiction, Fremantle e Centro di produzione Rai di Napoli. Il racconto giornaliero di “Un posto al sole” è sincronizzato con il calendario del mondo reale. Quindi segue stagioni, festività, eventi significativi, mode del momento in cui lo spettatore le vive. Oltre a questa caratteristica, in “Un posto al sole” si respira aria di Napoli con la sua napoletanità. Vediamo cosa vuol dire tutto questo.

La napoletanità di “Un posto al sole”

Analizziamo in maniera più profonda le ragioni di questa peculiare caratteristica. Un’opera d’arte si valuta, si apprezza e diventa piacevole non solo in base alla bellezza delle storie, alla bravura degli attori e la tecnologia usata; ma anche grazie al contesto paesaggistico, nel quale storie e personaggi si fondono realizzando un modo di essere. Quindi napoletanità in quanto stile di vita influenzato dal paesaggio che plasma gli indivudui, i quali diventano tutt’uno con esso attraverso un costante scampio reciproco di generazione in generazione.

Ogni soap opera propone uno stile di vita in base al contesto in cui viene ambientata. “Un posto al sole” propone uno stile unico, qui l’aspetto sociale di storie e personaggi incarnano la napoletanità, in un contesto paesaggistico e naturalistico che ha influenzato la cultura dei napoletani per millenni.

Dunque altro aspetto dell’originalità di questa soap opera, finora trascurato, è la napoletanità così come definita dall’ideologo Domenico Esposito. Ossia un intreccio profondo tra persona, società e paesaggio, che si fondono insieme magistralmente. La napoletanità data dalla potenza monumentale ricca di storia millenaria e culturale, dall’impetuosità del Vesuvio e infinità dell’orizzonte del mare. Aspetti che temprano gli individui psichicamente e fisiologicamente, anche caratterialmente. Quindi mentalmente, filosoficamente e artisticamente. Pertanto uno straordinario connubio che regala un’esperienza di arricchimento e benessere, incentivando la creatività, l’immaginazione, la riflessione sulla vita, con i suoi aspetti piacevoli e meno.

Ciò si riscontra anche negli attori, veri e propri personaggi di vita reale. Con le loro piacevoli performance tipiche della napoletanità, che si possono incontrare quotidianamente a Napoli tra le strade, le piazze, i bar etc. con parole, modi di dire, gestualità e tanto altro. Questa caratteristica di “Un posto al sole” dà alla soap anche un senso di vita etereo, idealistico e divino, tipici tratti della napoletanità.

Dunque è questa napoletanità di “Un posto al sole” il vero segreto del suo successo, con la quale è stata capace di attrarre anche il più distratto dei telespettatori in Italia. Che non esclude, ovviamente, la bravura delle numerose maestranze coinvolte, ma le esalta in un contesto paesaggistico spazio temporale, patrimonio di Napoli, la napoletanità.

Conclusione (poesia di Domenico Esposito)

La napoletanità

è un posto al sole in questa meravigliosa città dal clima mite, ricca di bellezze e umanità. Basta affacciarsi da una panoramica per ritrovare il sorriso e sua maestà.
Siamo un popolo che sa offrire solidarietà, capaci anche di aiutare il prossimo in difficoltà.
A Napoli sa adda sape' campà, pe capì o doce ra libertà.
Quindi buon senso e giustezza delle cose, con la freschezza ra addore re rose.
Il verde della dolce collina è amor e fantasia, un polmone di armonia.
Tutto questo è napoletanità, ci riempie il cuore di sincerità, stile di vita unico di grande beltà, resa famosa dalla poesia, dalla canzone, dal teatro di magnificenza realtà.
Vive nei cuori di ognuno di noi, ma sa adda sapè apprezzà.

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