L’intervista alla pittrice Selene Salvi rientra nell’ambito della rassegna estiva “L’Arte della Natura Umana in Continuo Divenire”, evento ideato dal naturalista Domenico Esposito al fine di arricchire il meraviglioso paesaggio della collina di Napoli, allinterno degli accoglieti giardine dell’Accademia. L’arte rappresenta l’epoca in cui si vive, in quanto tale, l’informazione si fa strumento al servizio dell’umano agire, finalizzato all’arricchimento del paesaggio del nostro tempo, in continuo divenire. La qualità della vita necessita anche di cultura e di bellezza, oltreché di consapevolezza e conoscenze alte.
Domenico Esposito intervista la pittrice Selene Salvi
Per me è stato un onore dedicare questo pezzo alla pittrice napoletana Selene Salvi, così preparata intellettualmente, elegante e raffinata, sicura della materia tratta con grande amore, con la quale dà forme di straodinaria originalità, perfettamente inclusiva e integrata nel suo esserci storico, che incarna con precise pennellate, consapevole dell’arte pittorica. Con questo sua opera “Quasi in Speculum” che andiamo a presentare, testimonia la sua consapevolezza del percorso storico dell’arte pittorica, dando ulteriore testimonianza della sua genialità immaginativa.
Confrontarsi con lei è stato davvero emozionante fin dal primo incontro avvenuto a giugno alla Casina Vanvitelliana di Bacoli dove Selene esponeva i suoi quadri, evento organizzato da Opus Continuum. Come afferma il maestro Amedeo Apre responsabile di Arte Contemporanea all’Accademia Italiana per la Qualità della Vita: “Una donna che ha dedicato la sua vita all’arte”.
QUASI IN SPECULUM di Selene Salvi
Quasi in Speculum non è una pozione magica per la felicità, ma è semplicemente uno dei quadri di Selene Salvi. Un’opera magistrale che esprime consapevolezza, intimità e conoscenza raffinata della pittura. Con questo quadro entriamo nella “coscienza” e nella “Poetica” della pittrice, che ci racconta un mondo di infinite ricorrenze, che non si ripetono mai in una stessa forma, poiché la storia dell’uomo è in continuo divenire, tra alti e bassi ciclici. In effetti è come lo scorrere della vita e della storia dell’essere nei famosi corsi e ricorsi storici di Gian Battista Vico. Attraverso i quali l’arte diventa parte di un insieme di cicli storici attraverso i quali le società crescono e decrescono, così come la pittura, la quale guarda al passato con rispetto, senza mai annullarsi del tutto, in una chiave sempre nuova e moderna.
Questo progetto di Selene Salvi ci conduce sapientemente in un viaggio affascinante ricco di grandi intuizioni idealistiche.

Descrizione dell’opera
“Racconta Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia che ai tempi di Varrone visse
una pittrice abilissima, che superava in bravura e velocità gli artisti più quotati del
tempo: Iaia (o Lala) di Cizico. Espose nella pinacoteca di Neapolis un ritratto di
vecchia e un suo autoritratto (“suam quoque imaginem ad speculum”).
A lei è dedicata quest’opera che ha la pretesa di abbracciare in un’unica immagine la
storia dell’arte figurativa occidentale e contemporaneamente svelare la vita intima
dell’artista. La struttura iconografica del dipinto (un olio su tela) ricorda i bestiari
medioevali, veri e propri zoo del fantastico. Il titolo “Quasi in speculum” (Come in
uno specchio) riporta sia all’intenzione dell’artista di realizzare un autoritratto, seppur
idealizzato, sia all’idea di rievocare ciò che per i medievali rappresentavano il mondo
e i suoi abitanti (reali o immaginari che fossero). Scriveva a tal proposito Alano di
Lilla nel XII secolo: “Ogni creatura dell’universo – quasi fosse un libro o un dipinto –
è per noi come uno specchio (quasi in speculum) – della nostra vita, della nostra
morte, – della nostra condizione, della nostra sorte – fedele segnacolo”. Per questo la
figura centrale indica una gorgone dai denti aguzzi, metafora del potere pietrificante
dell’immagine e ricordo legato all’infanzia dell’artista, che continuamente
rappresentava quei tratti mostruosi, archetipo ingombrante della Grande Madre.
Alle spalle della figura, che nella posa vuole omaggiare uno dei ritratti più
rappresentativi della storia dell’arte (l’enigmatica Gioconda), una parete crepata (la
bellezza non è nella perfezione, attraverso le sue incrinature possiamo forse
affacciarci al mondo) che ricorda la Villa dei Misteri a Pompei su cui si apre una
finestra. Il paesaggio partenopeo rappresentato, quasi una macchia ottocentesca, svela
infine le origini dell’artista.”
Selene Salvi